Alla fine del 1979 un gruppo di ingegneri, guidati da un giovane sognatore, viene colpito da una visione mentre è in visita al centro di ricerche di Xerox. La visione ha la forma di un mouse (mai visto fino ad allora) e quella di una semplice interfaccia grafica con documenti, cartelle, cestini con cui governare un computer. Cinque anni dopo il gruppo, guidato dal sognatore Steve Jobs (e Steve Wozniak), darà alla luce il Macintosh, il primo personal computer “for the rest of us”.
“that band of brothers, that bunch of pirates– stole the fire of the gods, and gave it to the people” racconta Alex Soojung-Kim Pang in “Making the Macintosh”
Quella della visita di Apple alla Xerox è uno dei miti più affascinanti del mondo digitale ma è solo un mito con pochi fondamenti nella realtà. Il Mac, come quasi tutto nel mondo digitale, è nato e si è evoluto con poche ispirazioni e tante traspirazioni, molti errori, passi falsi e aperture improvvise. E ci è voluta costanza e coraggio per portare avanti una ricerca i cui risultati hanno rivoluzionato l’esistenza di ogni singolo abitante della terra.
Tutto ciò che è digitale è così pervasivo che risulta persino difficile immaginare un mondo senza bancomat, Netflix, Facebook, fogli di Excel, Amazon, le email, gli smartphone. Forse solo gli immaginari di Mad Max e Walking Dead ci possono dare un’idea. Lavorare “in digitale” significa progettare strumenti e strategie che hanno la responsabilità di entrare nella vita delle persone per migliorarla, (a volte capita di peggiorarla) per cambiarne un po’ la velocità, la percezione, la quantità e la qualità delle opportunità.
Dovessi rappresentare una giornata del nostro lavoro non userei il Pensatore di Rodin, quell’essere muscoloso, ombroso, un po’ chiuso in sé stesso che cerca la ragione di ogni cosa. Mi rivolgerei agli scenari caotici di Hieronymus Bosch nei quali, con tanta traspirazione e pazienza, cerchiamo di trovare un ordine e un senso tra le infinite idee, lampi di genio, regole, limitazioni, errori, correzioni. Una squadra di calcio che governa un pallone che rimbalza, una ciurma in qualunque tempesta, un coro, una band of brothers.
Per conoscere ciò che ci circonda, per non chiuderci nella nostra cornice in attesa di qualche visione abbiamo aperto questo blog. L'abbiamo fatto per condividere, per raccontare e per ascoltare le storie che arrivano da fuori. Perché facciamo fatica ma vogliamo essere leggeri, perché dobbiamo far crescere la nostra capacità di vedere.
Perché ciò che facciamo un po’ cambia il mondo e a noi piace.
Questo era il post numero uno. Questo è il nostro benvenuto.