Anno 2027, cronache dal futuro. La terza rivoluzione digitale è in atto, droni di tutte le misure volano sopra le nostre teste, le intelligenze artificiali si prendono cura delle faccende domestiche e i brand come li abbiamo conosciuti non esistono più. Mark Zuckerberg è presidente degli Stati Uniti d’America e Facebook, Google ed Amazon hanno assorbito ogni altra azienda sulla faccia della Terra.
Ok, forse abbiamo esagerato un po’, ma se le tendenze degli ultimi anni saranno confermate, per i brand i giorni a venire si preannunciano davvero difficili: uno studio pubblicato negli Stati Uniti indica come il numero di persone abbienti che riesce a indicare precisamente un brand “preferito” in alcuni settori sia diminuito anche del 50% nel corso degli ultimi 7 anni. Dalla catena al dettaglio preferita, che nel 2007 riusciva a identificare il 47% delle persone e passa al 28% nel 2015, ai fashion brand, che passano dall’80% al 61%, agli hotel di lusso, dal 67% al 37%. A beneficiare di questo calo sarebbero appunto i cosiddetti Megabrand, mediatori tra i bisogni degli utenti e l’offerta delle aziende: Amazon, Google, TripAdvisor…
A loro è demandato il ruolo di fornire informazioni, prezzi, caratteristiche, disponibilità, comparazioni e recensioni: il brand si svuota del suo ruolo di fiducia e guida nella scelta, e perde rilevanza. Come si può far fronte a tutto questo? Stabilendo relazioni di valore con l’utente e dialogando con lui, aiutandolo nella ricerca di una soluzione al suo bisogno, fino ad arrivare a prevederlo.
La strada che porta un brand a diventare memorabile per i propri clienti passa da una customer experience efficace. Un’insieme di touchpoint capace di offrire all’utente i contenuti per lui più adatti nei contesti giusti. È un dialogo continuo, frutto di scambi di informazione punto-punto tra azienda e cliente, che nel suo culmine è in tutto e per tutto simile all’associazione tra due individui, tra due umani.
Oggi sono disponibili tecnologie in grado di simulare in modo fedele questo scambio, si tratta degli Intelligent assistant. Stiamo iniziando a conoscerli grazie agli assistenti virtuali di Apple e Google, rispettivamente Siri e Google Assistant, che progressivamente andranno a sostituire le interfacce con cui ci rapportiamo quotidianamente per interagire con la tecnologia attraverso dialoghi e comandi vocali. È possibile osservarli in giro anche nella loro forma più semplice, quella dei Chatbot: piccoli applicativi della dimensione di una chat che attraverso una serie di domande pre-impostate aiutano l’utente a scegliere tra una gamma di prodotti o servizi selezionati a monte. È possibile integrarli nei servizi di messaggistica più comuni, da Facebook Messenger a Telegram, o direttamente dentro una pagina web. Guidano la conversazione con l’utente rendendo molto più veloce la sua ricerca, cercando di rispondere alle sue necessità con un linguaggio che sia il più umano possibile.
Il bot di H&M per esempio aiuta l'utente indagando prima le sue preferenze in fatto di stile e in seguito condividendo con lui alcuni outfit per aiutare nell'acquisto. L'utente può quindi salvare le proprie scelte, acquistarle o condividerle con chi vuole.
È possibile utilizzare questo tipo di servizio per offrire assistenza personalizzata agli utenti, gestire ordini e acquisti, diffondere aggiornamenti su brand o prodotti, offrire promozioni basate sulla posizione del nostro interlocutore. Ad ogni interazione con il cliente l’intelligenza artificiale accumula informazioni, dati e preferenze, e se dotato di un’intelligenza in grado di apprendere è capace di prevedere i bisogni dell’utente e proporre di propria spontanea volontà servizi pensati sulle sue abitudini e preferenze.
È una conversazione che finirà per sostituire (e in alcuni casi già lo fa) la navigazione di un sito: è più rapida, efficace e ritagliata sull’utente. Un trend confermato anche dai numeri di utilizzo delle app più diffuse: le 4 maggiori app di messaggistica hanno infatti superato le 4 maggiori app di social network già nel 2015 per più di mezzo milione di utenti al mese (fonte: business insider).
Se siamo in grado di simulare per il cliente la relazione che avrebbe con un altro essere umano, allora saremo davvero in grado di offrire esperienze davvero memorabili e in grado di fidelizzarlo alla nostra azienda. A fianco della conversazione coi nostri migliori amici, troveremmo quindi quella coi nostri brand preferiti nei servizi di messaggistica: come nelle relazioni umane sarà l’unicità dell’esperienza di conversazione a decretare i vincitori, componenti finali delle nostre cerchie.
Questa è una delle strade con cui i brand possono affrancarsi dai Megabrand: il virtual assistent è una tecnologia che può essere utilizzata e prodotta dalle aziende e rende memorabile il rapporto con i propri clienti. Non richiede di scaricare nessuna tecnologia aggiuntiva per il cliente, nè di seguire nuovi canali o ricevere comunicazioni inopportune: è una conversazione che si attiva nei momenti e nei contesti giusti, per risolvere o prevedere i bisogni del cliente, stabilendo un rapporto umano con lui.
Puoi ampliare la tua conoscenza di chatbot e virtual assistent con il nostro approfondimento: Chatbot vs Virtual Assistant - Perchè abbiamo bisogno di relazione e non di interazione.